La matrice della noia e della paura
Uno degli argomenti cruciali di questo blog è il fatto che la bici è speciale perché aiuta ad avere uno sguardo nuovo sulle cose. Non saprei dire come mai proprio in bici capitano queste epifanie, ma a me capitano più spesso in bici che a piedi o in macchina.
Sono uscita in bici nel primo pomeriggio e mi sono diretta verso Mongardino. Per togliermi prima da traffico e smog ho imboccato via Nugareto, una strada che strappa con salite molto ripide. Passa in mezzo a boschi e radure, e a qualche gruppo di case sparse. Il cielo era coperto e grigio, e c’era un po’ di bruma. Per distrarmi dalla salita ho acceso un po’ di musica, ma l’ho spenta subito perché avevo bisogno di monitorare la situazione con tutti i miei sensi.
C’era qualcosa di intrigante in quel paesaggio spoglio, un’asprezza arcaica e un tantino intimidente. Passando sotto a una radura ho visto un recinto ricavato da un gruppo di alberi circondati con una rete fitta, e mi sono chiesta se servisse a tenerci un animale. Forse per il colore del cielo e l’aspetto da brughiera dei dintorni mi sono figurata che fosse il recinto del mastino dei Baskerville. Ho anche abbassato la testa per cercare di vedere le zampe sotto alla rete, ma purtroppo non c’era nessuno. O forse non l’ho visto io. Poco dopo il bosco, altre due case sparse, una sopra la strada e una sotto, all’incrocio con un’altra strada che tornava in giù per i calanchi. Ho guardato incuriosita il cortile deserto, le finestre chiuse, una specie di edicola di pietra presso il cancello, e anche quel vecchio casolare mi ha stuzzicato l’immaginazione.
Così mi sono resa conto che la matrice della noia è anch’essa dentro gli occhi con cui guardiamo le cose. Tante volte crediamo di conoscere ciò che ci circonda e non gli diamo la possibilità di stuzzicarci e sorprenderci. Poi andiamo in viaggio da qualche parte, ammiriamo panorami, edifici, genti e culture e ci diciamo “ecco, questo sì che è interessante!”. E indubbiamente lo è, ma forse lo è proprio perché lo stiamo guardando con uno sguardo aperto e in cerca di novità e di sorprese.
Mongardino, seriamente? Una frazione di Sasso Marconi, un noioso frammento del cortile di casa. Ci vengo solo perché siamo in inverno ed è vicino e adatto a un giro breve, ma non gli darei un soldo bucato. E invece, tutto al contrario. Mi sono goduta il panorama selvaggio e ho dato il beneficio del dubbio ai suoi abitanti, mi sono chiesta quali e quante storie avrebbero da raccontare.
Così ho pensato ai sentimenti della noia e della paura come ai due estremi di uno spettro accomunati dal fatto di essere generati da un’attitudine passiva o reattiva alle cose “note” e a quelle “ignote”. Infatti a volte mi è anche capitato il contrario, che pure davanti a uno spettacolo perfetto non ci ho ricavato soddisfazione o meraviglia.
La strada continuava a salire, così ho usato utilmente il mio tempo per disegnarmi nella mente la matrice della noia e della paura, che riporto qui:
Spiegazione dello schema: ci sono due tipi di situazioni, e due tipi di atteggiamenti. Ci sono le situazioni “note” (o presunte tali) e le situazioni “ignote”. La nostra risposta emotiva a queste situazioni dipende dallo sguardo con cui le guardiamo. Il problema è che lo sguardo che il più delle volte ci viene di istinto è “reattivo”, parte dai nostri preconcetti e tende a confermarli. Conosco questo posto, non mi dice niente. Conosco questa persona, non mi interessa. E all’estremo opposto dello spettro, l’atteggiamento reattivo davanti all’ignoto è di diffidenza, senso di minaccia: e da qui il sentimento della paura.
Lo sguardo proattivo invece guarda tutto con curiosità, cerca il dettaglio nuovo e interessante in quello che vede anche se lo conosce già, e cerca come può rispondere attivamente alla situazione ignota, invece di farsi travolgere dalla paura.
Credits: la distinzione tra essere reattivi e proattivi viene dal libro di Stephen R. Covey, The 7 habits of highly effective people.
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