Ho venduto la macchina
Dopo aver fatto la scelta di vivere in montagna, ormai due anni e mezzo fa, mi ero dotata di una vecchia panda 4×4. Mi ero trasferita a Tolè, un posto poco servito dai mezzi pubblici, e per le commissioni quotidiane come per tornare nel capoluogo era una necessità sostanzialmente imprescindibile.
Non ero soddisfatta però di uno stile di vita che richiedesse una tale dipendenza dall’auto. Dopo vari passaggi di vita e abitazione, sono scesa in fondovalle del Reno, a due chilometri dalla stazione di Riola di Vergato.
A questo punto la mia dipendenza dall’auto era drasticamente diminuita. Ma non mi sentivo di potervi rinunciare, anche se ci pensavo spesso.
Finché la sorte mi ha parlato, con la voce dell’alternatore, saltato in mezzo alla porrettana nuova. Bum! Rattle rattle. Ho guadagnato una piazzola di sosta col cuore in gola, e ho chiamato il carro attrezzi. Con la richiesta di un preventivo per la riparazione dell’alternatore, e di tutte le altre cose che per disattenzione avevo lasciato indietro, ho buttato lì al gestore del carro attrezzi se si voleva comprare la panda. Mi ha fatto un’offerta seduta stante. Eccola lì la mia occasione di tornare libera dall’auto.
Vorrei dire che l’ho colta al volo, ma così non è stato. La pioggia, il vento, il freddo, la pigrizia, i viaggi di sera dopo che non c’è più il treno. Trasportare carichi ingombranti o pesanti, accompagnare persone, prendere su e andare in montagna senza pianificazione precedente. Non era facile rinunciare alla comodità dell’auto. Ci ho pensato su almeno due settimane.
Alla fine, come è noto dallo spoiler del titolo, ho venduto il pandino. Cosa c’era dall’altra parte del fosso l’avrei scoperto una volta di là. Le scelte di vita non si fanno mai con piena avvertenza.
Il treno è diventata la mia seconda casa. Il suo rollio mi dà una sorta di dipendenza, dopo due o tre giorni che non ci salgo ne ho bisogno. Ho varie biciclette collocate in punti strategici per i collegamenti con i mezzi pubblici e le mie commissioni quotidiane.
È uguale o migliore la mia qualità di vita? Non saprei dirlo. Ci sono ancora molti aspetti della autonomia fornita da una macchina che spesso mi mancano.
Ma ci sono anche libertà impagabili, il cui gusto sento pienamente solo adesso. La libertà dal dover fare rifornimento. Il costo dei carburanti, gli orari dei distributori, l’indicatore del gas che cala in modo scarsamente leggibile. La libertà dalla burocrazia a cui mai sono riuscita a stare dietro compiutamente, il bollo la revisione l’assicurazione. Le manutenzioni che sempre sarebbero da fare e mai facevo, ormai avevo contatti elettrici sballati da tutte le parti. Il senso di insicurezza alla vista delle forze dell’ordine, perché se la macchina non è in ordine qualche pesca la possono certamente trovare.
Soprattutto, la libertà di accettare che non si può sempre fare tutto. Che ci sono dei limiti materiali a quello che si può fare, e non è detto che siano per forza da superare. C’è una batteria di cose che non posso più fare, e semplicemente non le faccio.
Chiedere passaggi, strologare incastri con mezzi pubblici, aspettare o correre dietro a un treno. Fare delle spese medio – piccole che stiano nelle borse della bici da trekking.
Qualcuno mi ha detto che i limiti stimolano la creatività. Non ne sono del tutto convinta. Ma mi sento più leggera, e lascia un segno meno profondo la mia impronta ecologica. Se si può fare, si può fare.
Gran pezzo !
Posso testimoniare il *contratto di compravendita estemporaneo*!